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LEGGE 38/2010 SUL DOLORE,UN MEDICO SU TRE NON LA CONOSCE ABBASTANZA.

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Messaggio  enrico Mar Lug 03, 2012 1:40 pm


Legge sul dolore, un medico su tre
non la conosce abbastanza

La spesa per antidolorifici non steroidei è tre volte superiore a quella per gli oppioidi.


MILANO - Il 26 per cento degli italiani combatte contro un dolore cronico non oncologico: artrosi, mal di schiena, neuropatie. Numeri che ci pongono al terzo posto in Europa per quantità di pazienti. Allo stesso tempo abbiamo il primato europeo per la prescrizione di farmaci antinfiammatori non steroidei, i cosiddetti FANS, ma non ce ne dobbiamo rallegrare troppo: spendiamo per i FANS il triplo rispetto agli oppioidi, che sarebbero spesso più appropriati e utili per la gestione del dolore cronico e che tuttavia, evidentemente, fanno ancora paura. Risultato, il dolore è tuttora gestito in maniera inadeguata in una larga parte dei pazienti.

MEDICI – Lo hanno mostrato i dati presentati a Firenze durante il convegno IMPACT 2012 (Interdisciplinary Multitask Pain Cooperative Tutorial Pain Relief Organisational Activity Enhancement, www.impactproactive.it), un summit multidisciplinare dedicato a fare il punto sulla terapia del dolore nel nostro Paese a due anni dalla legge 38/2010 che purtroppo, hanno spiegato gli esperti, è tuttora ignorata da un medico su tre. Dovrebbe essere un mezzo per aiutare anche i clinici ad applicare al meglio le terapie, garantendo un'efficace gestione del dolore cronico ovunque in Italia. Invece stenta ancora a essere applicata, perché i medici di base (che in quattro casi su dieci in ambulatorio hanno pazienti che riferiscono dolori di qualche natura) non la conoscono al meglio e così le prescrizioni sono variegate, con un'estrema disomogeneità fra regioni: in Friuli, Toscana, Lombardia e Piemonte gli oppioidi vengono somministrati in un maggior numero di casi rispetto per esempio alla Campania, fanalino di coda delle prescrizioni. E non va meglio con gli specialisti: secondo un'indagine dell'associazione dei pazienti Vivere senza dolore (www.viveresenzadolore.it), condotta su mille medici di 20 diverse discipline (dagli internisti agli ortopedici, dai geriatri ai reumatologi) in 15 ospedali sedi di ambulatori di terapia del dolore, i “punti oscuri” nella formazione dei dottori non sono pochi. «Un medico su tre ad esempio non sa che non è più obbligatorio il ricettario speciale per prescrivere gli oppioidi, solo uno su cinque sa che questi farmaci si possono usare per il dolore severo non oncologico – dice Marta Gentili, presidente dell'associazione –. La legge 38 ha posto le basi per una svolta nella valutazione e nel trattamento del dolore cronico, ora tutti gli operatori del settore devono però prodigarsi perché venga applicata, a cominciare dagli ospedali. Solo così garantiremo ai milioni di malati di dolore cronico una vita che valga la pena di essere vissuta».

PRESCRIZIONI – Quello che più colpisce in tutto questo è che si continuano a spendere milioni e milioni “dalla parte sbagliata”: nel 2011 in Italia sono stati spesi 181 milioni di euro per i FANS (a cui si aggiungono pure i costi per i gastroprotettori che spesso si devono associare per limitare gli effetti collaterali), nello stesso periodo per gli oppioidi, ben più efficaci, sono stati spesi 65 milioni di euro. Con le sforbiciate alla sanità necessarie in tempi di crisi, indirizzare al meglio e con la massima appropriatezza le prescrizioni dei farmaci non sarà perciò un esercizio di stile, ma una necessità inderogabile: non a caso gli esperti riuniti a Firenze hanno invitato tutti gli addetti ai lavori a cercare di conciliare efficacia ed efficienza, per ottimizzare le risorse economiche a disposizione. «La medicina del dolore non può essere messa in discussione nonostante la crisi: lo dobbiamo ai 15 milioni di italiani che quotidianamente combattono contro una sofferenza pesante e coinvolgente – osserva Gian Franco Gensini, presidente del Comitato Scientifico IMPACT Proactive –. Facciamo perciò appello alle istituzioni perché eventuali contenimenti di spesa non abbiano effetti insostenibili per lo sviluppo, finalmente in corso, della terapia del dolore; al Ministero dell'Istruzione, perché individui modalità di accesso a master specifici per i medici di famiglia; ai professionisti, perché grazie a prescrizioni oculate e adeguate consentano di sostenere eventuali flessioni delle risorse economiche. Per riuscirci bisogna puntare anche a una maggiore umanizzazione del rapporto medico-paziente: dialogo e ascolto consentono di comprendere le esigenze del malato per una vera medicina personalizzata, una cura globale della persona».

RETI TERRITORIALI – «Non ci deve essere però un unico punto di riferimento per il paziente con dolore: uno dei punti di forza della legge 38 è aver previsto un modello organizzativo basato su un approccio multidisciplinare al problema – interviene Guido Fanelli, presidente della Commissione ministeriale Terapia del Dolore e Cure Palliative –. Specialisti, medici di famiglia e infermieri devono collaborare all'interno di reti territoriali: costituirle è l'obiettivo che dobbiamo porci, non appena la Commissione politica della Conferenza Stato-Regioni avrà approvato i requisiti minimi per l'accreditamento delle strutture, perché proprio le reti territoriali sono la chiave di volta per una concreta continuità assistenziale e una reale appropriatezza terapeutica».

Elena Meli
3 luglio 2012 | 9:03
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